Ci rivolgeremo al Dottor “Google” o alla Dottoressa “Wikipedia” per la nostra malattia? […] Se è vero che è meglio poco che niente a dispensare "buoni consigli" (uguali per tutti gli internettologi con una presunta malattia), ci potrebbe pensare un robot ovvero un computer come quello che già alcuni userebbero per cercare spiegazioni ai propri sintomi. Attenzione dunque a falsi miti e fake news che si incontrano usando internet. Chiedere sempre un appuntamento con il medico per la propria salute.
Non esiste malattia uguale a sé stessa in soggetti diversi, ed ogni essere umano ha combinazioni di fattori che lo rendono unico, prende a volte una serie di farmaci con diversi effetti ma soprattutto interagisce con un suo simile scambiando emozioni e ragionando insieme sui percorsi meglio adattabili. Essere visitati dal medico è un diritto umano fondamentale. La medicina è un'arte, fondata sulle scienze, al servizio dell'umanità e non una scienza esatta in assoluto come la matematica o la fisica che permettono il funzionamento di una macchina. Ciò che è più corretto per una persona inserita in contesto può non esserlo per un'altra.
E allora si potrebbe ipotizzare di gestire un "dolore alla gamba" con un messaggio su "What's up"? Forse accade già, tranne poi finalmente scoprire con una visita medica che stavolta non era la solita riacutizzazione dell'artrosi ma un ben più grave problema circolatorio a livello di un polpaccio arrossato, dolente, dolorabile a specifiche manovre, tumefatto con evidenza di flebite. Questo è solo un caso in cui la tecnologia (la messaggistica) senza la visita del medico con le dovute manovre può esporci a seri rischi di complicanza quale la trombosi venosa profonda esordita come dolore alla gamba.
La tecnologia non è quindi né un male né un bene assoluto: l'ecografia integrata alla visita medica può essere uno strumento salvavita nelle mani del medico per la diagnosi.
Alcuni interrogativi devono trovare al più presto risposte chiare e certe:
la sfida della gestione della tecnologica in medicina riguarda solo singole prestazioni o coinvolge tutta la professione medica? Il progresso tecnologico interessa solo il trattamento di una malattia o il prendersi cura del malato? Chi vogliamo che sia al centro dell'attenzione del medico, la malattia o la persona con tutti gli aspetti fisici, psicologici e sociali?
È stato pubblicato uno studio su un celebre Journal di medicina intitolato "The Lancet" che analizzando 42 studi medici (ambulatori) ha chiarito quanto sia inutile pensare di risolvere i problemi di salute delle persone tramite consulto a distanza sperando di abbattere la mole di lavoro. Non solo i consulti a distanza non porterebbero alla riduzione delle visite mediche ma addirittura la necessità di andar poi dal medico sarebbe aumentata del 33% e del 48% quando non era il medico ma un infermiere a tentare di rispondere al bisogno di salute all'altro capo della cornetta [1].
Inoltre, anche l'ipotesi di offrire standard diversi di assistenza socio/sanitaria a diverse popolazioni del mondo tramite internet verso Paesi via di sviluppo è una realtà che tenterebbe di radicarsi su un terreno scivoloso. Esisterebbero delle discipline della medicina in cui la trasmissione di dati clinici a distanza sarebbe meglio applicabile di altre o meglio integrabile come ad esempio le immagini di malattie cutanee. Tuttavia, anche in queste circostanze non è mai possibile stabilire a priori se la manifestazione cutanea che si condivide a distanza sia parte di un corteo di segni / sintomi da analizzare attraverso valutazione diretta da parte del medico con cui peraltro il paziente nella peculiarità dell'esperienza relazionale clinica potrebbe confidarsi e aggiunger elementi decisivi per la diagnosi, prognosi e terapia. È davvero preferibile usare un consulto basato su una relazione scritta magari con barriera linguistica eventualmente tradotto più o meno bene o un'immagine non facilmente interpretabile a distanza rispetto a investimenti locali concreti (di medio-lungo termine) e ad accoglienza e cura (di breve termine) per motivi di salute?
La possibilità di stabilire un collegamento virtuale a distanza tra medico e paziente implica anche una riflessione rispetto alla cultura, deontologia e normativa circa la protezione, gestione, trasmissione, protezione e condivisione di dati sanitari sensibili attraverso la rete internet per un "consulto" [2]. Riusciamo a garantire efficacemente la riservatezza, informare chiaramente sull'uso ed ottenere il consenso informato al trattamento dei dati sanitari da parte dei pazienti? [2] Ci assicuriamo che una persona malata in Africa sia d'accordo a rivelare la sua storia clinica, la sua malattia attuale a un corteo di medici sconosciuti (mai incontrati) che a loro volta non sanno con quale altro "sanitario" interagiscono dall'altra parte del mondo? Possiamo pensare di prescrivere una terapia a distanza su piattaforme di teleconsulto sulla base di un testo scritto da ignoti senza visitare il paziente direttamente? È il paziente a richiedere l'assistenza a un medico sconosciuto? Chi è il garante di un processo di assistenza a distanza? Siamo autorizzati a praticare la medicina nel Paese dove si trova il paziente? [4; 5].
Negli Stati Uniti d'America, l'istituzione regolatoria della professione medica in Idaho avrebbe difeso il diritto dei cittadini e la professionalità medica sanzionando il comportamento prescrittivo di un antibiotico al telefono e vietando di conseguenza la pratica della telemedicina. In Georgia, la pratica del teleconsulto sarebbe ammessa solo come forma di supporto nel controllo dopo una concreta ed effettiva visita medica [3].
Il risultato di sfide epocali come la telemedicina e l'avvento dell' "intelligenza artificiale" con cui siamo chiamati a confrontarci dipenderà dalle risposte che sapremo argomentare oggi e dai valori e diritti umani che sapremo non solo attualizzare ma anche proteggere da logiche consumistiche dove al centro rischia di non esserci la persona e la salute ma solo l'espressione tecnologica e la malattia.
Bibliografia / sitografia:
1. www.bbc.com/news/health-28602156
2. Regulation EU 2016/679 (General Data Protection Regulation)
3. A. Frakt. You Mean I Don't Have to Show Up? The promise of Telemedicine. The New York Times
4. Ministero della Salute, Telemedicina - linee di indirizzo nazionali
5. World Medical Association, Statement on the ethics of telemedicine, Adopted by the 58th WMA General Assembly, Copenhagen, Denmark, 2007
Non esiste malattia uguale a sé stessa in soggetti diversi, ed ogni essere umano ha combinazioni di fattori che lo rendono unico, prende a volte una serie di farmaci con diversi effetti ma soprattutto interagisce con un suo simile scambiando emozioni e ragionando insieme sui percorsi meglio adattabili. Essere visitati dal medico è un diritto umano fondamentale. La medicina è un'arte, fondata sulle scienze, al servizio dell'umanità e non una scienza esatta in assoluto come la matematica o la fisica che permettono il funzionamento di una macchina. Ciò che è più corretto per una persona inserita in contesto può non esserlo per un'altra.
E allora si potrebbe ipotizzare di gestire un "dolore alla gamba" con un messaggio su "What's up"? Forse accade già, tranne poi finalmente scoprire con una visita medica che stavolta non era la solita riacutizzazione dell'artrosi ma un ben più grave problema circolatorio a livello di un polpaccio arrossato, dolente, dolorabile a specifiche manovre, tumefatto con evidenza di flebite. Questo è solo un caso in cui la tecnologia (la messaggistica) senza la visita del medico con le dovute manovre può esporci a seri rischi di complicanza quale la trombosi venosa profonda esordita come dolore alla gamba.
La tecnologia non è quindi né un male né un bene assoluto: l'ecografia integrata alla visita medica può essere uno strumento salvavita nelle mani del medico per la diagnosi.
Alcuni interrogativi devono trovare al più presto risposte chiare e certe:
la sfida della gestione della tecnologica in medicina riguarda solo singole prestazioni o coinvolge tutta la professione medica? Il progresso tecnologico interessa solo il trattamento di una malattia o il prendersi cura del malato? Chi vogliamo che sia al centro dell'attenzione del medico, la malattia o la persona con tutti gli aspetti fisici, psicologici e sociali?
È stato pubblicato uno studio su un celebre Journal di medicina intitolato "The Lancet" che analizzando 42 studi medici (ambulatori) ha chiarito quanto sia inutile pensare di risolvere i problemi di salute delle persone tramite consulto a distanza sperando di abbattere la mole di lavoro. Non solo i consulti a distanza non porterebbero alla riduzione delle visite mediche ma addirittura la necessità di andar poi dal medico sarebbe aumentata del 33% e del 48% quando non era il medico ma un infermiere a tentare di rispondere al bisogno di salute all'altro capo della cornetta [1].
Inoltre, anche l'ipotesi di offrire standard diversi di assistenza socio/sanitaria a diverse popolazioni del mondo tramite internet verso Paesi via di sviluppo è una realtà che tenterebbe di radicarsi su un terreno scivoloso. Esisterebbero delle discipline della medicina in cui la trasmissione di dati clinici a distanza sarebbe meglio applicabile di altre o meglio integrabile come ad esempio le immagini di malattie cutanee. Tuttavia, anche in queste circostanze non è mai possibile stabilire a priori se la manifestazione cutanea che si condivide a distanza sia parte di un corteo di segni / sintomi da analizzare attraverso valutazione diretta da parte del medico con cui peraltro il paziente nella peculiarità dell'esperienza relazionale clinica potrebbe confidarsi e aggiunger elementi decisivi per la diagnosi, prognosi e terapia. È davvero preferibile usare un consulto basato su una relazione scritta magari con barriera linguistica eventualmente tradotto più o meno bene o un'immagine non facilmente interpretabile a distanza rispetto a investimenti locali concreti (di medio-lungo termine) e ad accoglienza e cura (di breve termine) per motivi di salute?
La possibilità di stabilire un collegamento virtuale a distanza tra medico e paziente implica anche una riflessione rispetto alla cultura, deontologia e normativa circa la protezione, gestione, trasmissione, protezione e condivisione di dati sanitari sensibili attraverso la rete internet per un "consulto" [2]. Riusciamo a garantire efficacemente la riservatezza, informare chiaramente sull'uso ed ottenere il consenso informato al trattamento dei dati sanitari da parte dei pazienti? [2] Ci assicuriamo che una persona malata in Africa sia d'accordo a rivelare la sua storia clinica, la sua malattia attuale a un corteo di medici sconosciuti (mai incontrati) che a loro volta non sanno con quale altro "sanitario" interagiscono dall'altra parte del mondo? Possiamo pensare di prescrivere una terapia a distanza su piattaforme di teleconsulto sulla base di un testo scritto da ignoti senza visitare il paziente direttamente? È il paziente a richiedere l'assistenza a un medico sconosciuto? Chi è il garante di un processo di assistenza a distanza? Siamo autorizzati a praticare la medicina nel Paese dove si trova il paziente? [4; 5].
Negli Stati Uniti d'America, l'istituzione regolatoria della professione medica in Idaho avrebbe difeso il diritto dei cittadini e la professionalità medica sanzionando il comportamento prescrittivo di un antibiotico al telefono e vietando di conseguenza la pratica della telemedicina. In Georgia, la pratica del teleconsulto sarebbe ammessa solo come forma di supporto nel controllo dopo una concreta ed effettiva visita medica [3].
Il risultato di sfide epocali come la telemedicina e l'avvento dell' "intelligenza artificiale" con cui siamo chiamati a confrontarci dipenderà dalle risposte che sapremo argomentare oggi e dai valori e diritti umani che sapremo non solo attualizzare ma anche proteggere da logiche consumistiche dove al centro rischia di non esserci la persona e la salute ma solo l'espressione tecnologica e la malattia.
Bibliografia / sitografia:
1. www.bbc.com/news/health-28602156
2. Regulation EU 2016/679 (General Data Protection Regulation)
3. A. Frakt. You Mean I Don't Have to Show Up? The promise of Telemedicine. The New York Times
4. Ministero della Salute, Telemedicina - linee di indirizzo nazionali
5. World Medical Association, Statement on the ethics of telemedicine, Adopted by the 58th WMA General Assembly, Copenhagen, Denmark, 2007